Aderenza viscerale porta alla luce una selezione di opere che rappresenta significativamente un particolare ambito della ricerca di Ottavia Paraboschi: l’intimità della gestazione materna.
Attraverso la sperimentazione sui materiali e l’uso sapiente del silicone, l’artista traccia un discorso sulla procreazione, soffermando il suo interesse sugli aspetti più intimi della nascita di una vita. Una visione interna, analitica, scientifica, ma estremamente drammatica ed eloquente.
È un’opera del 2013 Hysteria, l’intero sviluppo dell’utero di una donna. Il titolo allude alla connessione che dall’antichità si è creduta esserci tra utero e isteria. Ma l’utero è anche l’origine della vita.
Il primordiale nutrimento delle Titanidi (2015), riferendosi alla figura di Gea quale madre che nutre l’umanità intera, si presenta come una raccolta di sette placente, ironicamente presentate in una cassettina della frutta come fossero esposte per la vendita. Un omaggio doloroso alla donna che dà vita e nutre con la sua carne i suoi figli, che genera e alimenta la terra.
Un’attenta indagine ha coinvolto l’artista nello studio dello sviluppo del feto e della gravidanza, attraverso forme artistiche differenti: incisione, disegno, scultura. In mostra compare Aspettando Massimo Risso (2014), un feto in silicone che si adagia appeso dentro un tessuto di lana: il contrasto dei materiali mostra la vita in divenire avvolta in un abbraccio di attesa.
Frutto di abuso sessuale (2015) è un feto di trentasette settimane, posizionato a testa in giù entro una calza di nylon velata nera: pur fasciandolo delicatamente, l’involucro sembra soffocarlo, tenerlo appeso e isolato nella solitudine. La luce attraversa e gioca con la calza velata, lasciando l’ombra del dramma di una vita che nasce dallo stupro.
Attraverso le opere esposte, la mostra crea un percorso che tocca i vari aspetti che Paraboschi considera dell’atto del generare: la maternità, la donna portatrice di vita, letta attraverso la sua fisicità, lo svilupparsi della vita, del feto, nella sua dimensione anatomica, nel suo essere talvolta accompagnato da drammi che lo vedono totalmente ignaro e impotente.
Ottavia Paraboschi (Genova, 1990) si è diplomata in Scultura presso l’Accademia di Carrara nel 2014. La sua ricerca tocca i temi dell’identità sessuale e della procreazione, attraverso la sperimentazione di diversi materiali. Nel 2015 ha partecipato alla residenza per artisti “Albisola Artists in Residence 2015”. Ha esposto in mostre collettive a Genova, Savona, Parma e Pavia.
Mostra a cura di Laura Boggia
Sala Espositiva di Palazzo Pessagno, via Sestri 57r, 16154, Genova
Aperta tutti i giorni, dalle 9 alle 19
Ingresso libero